Il coach da un trilione di dollari
Da allenatore di football a mentore di Steve Jobs e Larry Page: Bill Campbell, il 'coach da un trilione di dollari', rivela come una leadership più umana possa trasformare aziende e persone.
by Marco Santonocito on 2 ott 2024
Ciao, sono Marco 👋
Sono Chief Product and Technology Officer in una growth stage company in Italia, dove guido i team product e tech per progettare, costruire e far crescere i nostri prodotti digitali
Ho lanciato questo sito per raccogliere tutto ciò che ho imparato, e continuo a imparare giorno dopo giorno.
Se vuoi seguirmi:
Ho appena terminato di leggere “Il coach da un trilione di dollari. Il manuale di leadership di Bill Campbell”.
È un libro scritto dopo la morte di Bill, nel 2017, da tre persone che hanno lavorato con lui: Eric Schmidt, Jonathan Rosenberg e Alan Eagle, rispettivamente CEO, Senior Vice President of Product e Managing Director di Google.
Ho trovato la storia di questo personaggio illuminante, non perché Bill è un giocatore di football diventato allenatore, che poi ha deciso di cambiare strada e diventare un marketing manager a 40 anni per poi chiudere la sua carriera come executive coach di personaggi del calibro di Steve Jobs, Larry Page e Sheryl Sandberg.
Non per questo, ma per tutti gli insegnamenti di Bill sulla leadership che gli autori hanno raccolto tra tutti i suoi coachee e da cui leader e manager possono imparare molto.
Chi era Bill Campbell
La straordinaria storia di Bill Campbell è un esempio di come la vita possa offrire molteplici opportunità di reinventarsi e di lasciare un segno indelebile in diversi campi.
Tutto inizia con Bill che si fa le ossa giocando a football alla Columbia University. Non era il più grosso in campo, ma aveva grinta da vendere. Tant'è che nel suo ultimo anno, da capitano, porta la squadra a vincere la Ivy League.
Finiti gli studi, Bill decide di restare nel mondo del football, ma questa volta come allenatore. Passa dieci anni al Boston College, poi torna alla sua amata Columbia. Ma qui le cose si fanno dure. Bill capisce che forse è troppo empatico per fare l'allenatore.
A 39 anni, Bill fa una mossa che lascia tutti a bocca aperta: molla tutto e si butta nel mondo degli affari. Inizia con la pubblicità, ma è in Apple che fa il botto. Sale i ranghi e finisce per creare la pubblicità del Super Bowl del 1984 che ancora oggi fa parlare. Sì, proprio quella ispirata al libro di Orwell!
Ma Bill non si ferma qui. Diventa CEO di Intuit e poi, a 60 anni, quando molti pensano alla pensione, lui inizia la sua terza (o quarta?) carriera come executive coach.
Ed è qui che Bill diventa una vera e propria leggenda. Per 15 anni, fino alla sua morte nel 2015, ha fatto da coach praticamente a tutti i big della tech. Pensate a un nome, e probabilmente Bill gli ha dato consigli: Jobs, Bezos, Schmidt, Sandberg... la lista è lunga!
Il segreto del successo di Bill? La sua filosofia aveva tre pilastri fondamentali: squadra, fiducia e amore. Questi principi gli hanno permesso di creare connessioni profonde, ispirare gli altri e portare il meglio nelle persone, indipendentemente dal contesto in cui si trovava.
I princìpi di Bill
Il tuo ruolo ti rende un manager ma sono le persone a renderti un leader.
Per essere un buon leader devi prima essere un eccellente manager. Meritati il rispetto, non pretenderlo.
Sono le persone.
La priorità più grande di ogni manager è il benessere e il successo delle sue persone.
Inizia dalle chiacchiere.
Per costruire una relazione migliore con i membri del tuo team, inizia ogni meeting parlando di loro, chiedi dei loro viaggi o di ciò che li appassiona. Concentrati sempre sulla persona in modo sincero e, solo poi, passa a temi professionali.
5 parole su una lavagna.
La cosa più importante per un manager è aiutare le persone a migliorare il proprio rendimento e a crescere, e l’incontro individuale è la migliore opportunità per riuscirci. Quindi prenditi il tempo di strutturare ogni 1:1.
L’idea migliore, non il consenso.
Il compito del manager è quello di gestire un processo decisionale che garantisca che tutte le prospettive vengano ascoltate e prese in considerazione e, solo quando si rende necessario, di assumere il controllo della conversazione e prendere la decisione.
Definisci i principi chiave.
Definisci dei “principi chiave” per la situazione, delle verità immutabili che fungono da pilastri per l'azienda o il prodotto, e guida la decisione partendo da quei principi.
Gestisci il “genio aberrante”.
Il “genio aberrante” (Si, lo chiama proprio così) è quel membro del team super performante ma difficile da trattare. Dovrebbe essere tollerato e, a volte, protetto, almeno finché il suo comportamento diventa non etico od offensivo, oppure finché non supera il limite tra manager, colleghi e team.
I soldi non sono una questione di soldi.
Dare il giusto stipendio alle persone dimostra rispetto nei loro confronti e li lega fortemente agli obiettivi dell’azienda.
Costruisci un ambiente di fiducia.
Ascolta con attenzione, parla con franchezza e trasmetti coraggio alle persone credendo in loro, più di quanto loro credano in se stesse.
Fai da coach solo da chi è coachable.
I tratti che rendono una persona coachable includono onestà e umiltà, la voglia di perseverare e lavorare duramente, e un’apertura all’apprendimento continuo.
Pratica l’ascolto libero.
Ascolta le persone con tutta l’attenzione possibile - non pensare già alle risposte che vorresti dare - e fai domande per arrivare al cuore del problema.
Nessuna divergenza tra dichiarazioni e fatti.
Sii implacabilmente onesto e sincero, abbina il feedback negativo alla premura verso la persona, fornisci un feedback il prima possibile e, se il feedback è negativo, comunicalo privatamente.
Non suggerire.
Non dire alle persone ciò che devono fare, racconta storie e guidali verso la decisione migliore per loro. Non suggerire, fai in modo che ci arrivino.
Sii un evangelista del coraggio.
Credi nelle persone più di quanto loro credano in loro stesse, e spingile ad essere più coraggiose.
Essere se stesse.
Le persone sono più efficaci quando possono essere loro stesse e portare la loro vera identità al lavoro.
Prima il team.
Il team è fondamentale, quindi ciò che devi cercare nelle persone è l’attitudine verso il lavoro di squadra.
Lavora sul team, poi sul problema.
Quando ti trovi di fronte ad un problema o ad un’opportunità, la prima cosa da fare è assicurarsi che ci sia il team giusto ad occuparsene.
Seleziona i giocatori giusti.
Le caratteristiche più importanti da valutare sono intelligenza e cuore: l’abilità di imparare velocemente, la voglia di lavorare duramente, integrità, grinta, empatia, e un’attitudine al lavoro di squadra.
Accoppia le persone.
Le relazioni tra pari sono fondamentali e spesso trascurate, quindi individua occasioni per far collaborare le persone su progetti o decisioni.
Risolvi il problema più grosso.
Identifica il problema più spinoso, l’elefante nella stanza, portalo di fronte a tutti e affrontalo.
Non lasciar durare la negatività.
Affronta tutti gli aspetti negativi, lascia sfogare il team, ma non soffermarti su di essi. Vai avanti il più velocemente possibile.
Vinci nel modo giusto.
Ricerca sempre la vittoria, ma non cercare la scorciatoia, vinci sempre nel modo giusto: con impegno, lavoro di squadra e integrità.
I leader guidano.
Quando le cose vanno male, i team cercano ancora più lealtà, impegno e risolutezza da parte dei loro leader.
Colma le lacune.
Ascolta, osserva, e colma le lacune comunicative e di comprensione tra le persone.
Va bene volersi bene.
Le persone che fanno parte del tuo team sono persone, e il team diventa più forte quando lasci cadere il muro tra il tuo io professionista e il tuo io persona. Non aver paura di voler bene alle persone con cui lavori.
Per prenderti cura delle persone devi prenderti cura di loro.
Chiedi come stanno, come va la vita fuori dal lavoro, chi sono le persone che compongono la loro famiglia e sii presente, sii lì per loro.
Esulta e festeggia i successi.
Non rimanere seduto, alzati ed esulta per i successi delle persone attorno a te. Mostra passione e gratitudine per quello che fanno, festeggia!
Connetti le persone.
Costruisci connessioni, sia dentro che fuori dal lavoro. Si è più forti quando le persone sono connesse.
Aiuta le persone.
Sii generoso con il tuo tempo, con le tue connessioni e con le tue risorse.
Rispetta i founder.
Mantieni una lealtà speciale verso le persone che amano l’azienda per cui lavorano.
Crea relazioni.
Che tu sia in ascensore, ad un evento, o in caffetteria, prenditi il tempo per fermarti e parlare.
Quindi?
“Il coach da un trilione di dollari” porta lezioni di estrema importanza per chiunque abbia voglia di costruire uno stile di leadership più umano.
Spesso le tante cose da fare, la pressione per il raggiungimento degli obiettivi, le tensioni,… ci portano ad irrigidirci, a diventare un po’ meno umani.
Bill credeva che i manager che mettevano al centro le persone e gestivano al meglio l’operatività fossero considerati leader dai propri dipendenti; questi manager non danno per scontata la propria leadership, se la guadagnano.
Aveva un approccio ponderato e coerente alla comunicazione.
Dava valore alla determinazione; i manager forti sanno quando è ora di chiudere il dibattito e prendere una decisione.
Apprezzava i “geni aberranti”, quelle persone dall’elevato rendimento il cui comportamento può uscire dagli schemi, ma sosteneva anche la necessità di allontanarli rapidamente se tale comportamento avesse danneggiato il team.
Credeva che il fulcro di un’azienda fossero i prodotti eccellenti e i team che li creavano; tutto il resto doveva essere al servizio di tale fulcro.
Sapeva che a volte i manager dovevano licenziare qualcuno, ma pensava che dovessero farlo senza scalfirne la dignità.
Capiva che i rapporti si fondano sulla fiducia, quindi per lui era prioritario instaurare fiducia e lealtà con le persone con cui lavorava.
Ascoltava senza distrarsi, era assolutamente trasparente, e credeva nei propri dipendenti più di quanto facessero loro stessi.
Considerava di fondamentale importanza il team, insisteva sulla necessità di dargli la priorità, e di fronte a un ostacolo la prima cosa che faceva era osservare il team, non il problema. Individuava i problemi più grossi, gli elefanti nella stanza, e li metteva al centro della questione perché fossero affrontati per primi.
Lavorava dietro le quinte, nei corridoi delle riunioni, nelle telefonate e negli incontri faccia a faccia per colmare i gap comunicativi.
Spingeva i leader a fare i leader, specialmente quando le cose andavano male.
Credeva nella diversità e nell’essere completamente se stessi nell’ambiente di lavoro.
Amava la gente, e portava quell’amore nei gruppi che creava o a cui si univa.
Ha capito e dimostrato che i valori umani positivi generano risultati professionali positivi: questo collegamento viene ignorato troppo spesso dai leader. Ecco perché è importante imparare ad applicarlo: è controintuitivo nel mondo degli affari, ma indispensabile per il successo.